Italia terzo Paese produttore di olio d’oliva: scivola dietro Spagna e Grecia

La nostra olivicoltura è un patrimonio inimitabile che vive difficoltà strutturali e commerciali nonostante la qualità dei prodotti. Siamo primi al mondo per biodiversità, con oltre 500 cultivar

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Secondo anno di “bassa” per la produzione nazionale di olio d’oliva, uno dei fiori all’occhiello del made in Italy. Il forte calo, secondo i dati provvisori diffusi dal Coi (Consiglio oleicolo internazionale) – sottolinea Confagricoltura – non è esclusivamente italiano, perché a perdere terreno sono anche il Portogallo (-28,8%) e la Grecia (meno 1,8%). La Spagna, invece, continua anche quest’anno a rafforzare la sua leadership segnando, in controtendenza agli altri Paesi mediterranei, una crescita del 24,4%.

“La forte riduzione della nostra produzione – afferma Walter Placida, presidente della Federazione (FNP) olivicola nazionale di Confagricoltura – è ormai diventata endemica. Occorre risolverla presto con un approccio pragmatico e fattivo.
Siamo diventati il terzo Paese produttore dopo Spagna e Grecia, rimanendo primi importatori e consumatori.

La nostra olivicoltura è un patrimonio inimitabile che vive difficoltà strutturali e commerciali nonostante la qualità dei prodotti. Siamo primi al mondo per biodiversità, con oltre 500 cultivar che danno vita ad oli con profili aromatici unici nel panorama mondiale, senza contare la cultura, la qualità delle produzioni, la salvaguardia ambientale e paesaggistica, lo sviluppo e la ricerca tecnologica”.

“E’ necessario – conclude Placida – un Piano olivicolo nazionale che consenta di impiantare nuovi oliveti e recuperare quelli abbandonati. Serve garantire, su tutto il territorio nazionale, valore al lavoro dei nostri agricoltori, riconoscendo un giusto sostegno alla filiera agricola impegnata nella produzione di un olio extravergine di oliva di qualità, garantendo un prezzo equo, adeguato e remunerativo.

La discussione in ambito COI per la modifica dei parametri qualitativi con la riduzione dei parametri di acidità, infine, potrebbe comportare la rimozione dal mercato di una fetta consistente pari al 50% della produzione italiana di extravergine. Ma non solo. Se non si valorizza l’esito del Panel test, si corre il rischio di escludere dalla gamma degli extravergini oli con caratteristiche organolettiche ottime e continuare ad ammettere oli stranieri sensorialmente discutibili”.

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