Crescono in Puglia le esportazioni di frutta e ortaggi: +6,1% nel 2020

E' Coldiretti Puglia a commentare i dati Coeweb Istat sulle esportazioni che nel segmento ortofrutticolo pugliese segnano un ulteriore balzo in avanti

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E’ cresciuto nel 2020 del 6,1% l’export pugliese di prodotti della lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi, una conferma della grande dinamicità del settore, nonostante le difficoltà negli scambi con l’estero a causa del Covid ed il gap della logistica che la Puglia e l’Italia scontano rispetto ad altri Paesi.

E’ Coldiretti Puglia a commentare i dati Coeweb Istat sulle esportazioni che nel segmento ortofrutticolo pugliese segnano un ulteriore balzo in avanti. “E’ il successo dell’export legato a precisi distretti produttivi, con Foggia che fa la parte da leone in Puglia, vive una crescita tangibile grazie soprattutto agli sbocchi in Germania e negli Stati Uniti di ortofrutta e conserve”, dice Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

“Oltre agli scambi storici e consolidati verso la Germania – aggiunge il presidente Muraglia – la Puglia si è imposta negli ultimi anni in Tunisia, Francia, Polonia, Regno Unito e Svizzera, oltre a Benelux, Scandinavia, Spagna, Albania, Grecia. La specializzazione strutturale dell’ortofrutticoltura pugliese, legata alla spiccata vocazione pedoclimatica, flessibilità e tradizione imprenditoriale, consente di proporre una amplissima gamma di prodotti, supportata dalle grandi performance produttive. Tutto ciò va tutelato e promosso sui mercati italiani e mondiali”.

Ancora bassa invece la capacità di esportazione in Cina, Russia, Giappone – dice Coldiretti Puglia – un tema su cui impattano problematiche di conservazione degli alimenti, complessità logistica e lontananza dei mercati, con l’ortofrutta pugliese che va messa al centro del Patto per l’Export, perché le esportazioni di ortofrutta pugliese in Germania, Regno Unito e Russia hanno registrato un calo del 21% nel 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, come effetto della Brexit e dell’embargo russo, trend negativo già registrato nel 2019 che si è aggravato a causa del Covid.

“Vanno aperti nuovi mercati esteri per creare sbocchi commerciali per l’ortofrutta della Puglia, dove si produce il 74% di uva da tavola a livello nazionale, oltre ad altri primati nel segmenti ortaggi e frutta. Per sostenere le esportazioni – aggiunge il presidente Muraglia – la crescita e le nuove opportunità di lavoro occorre investire sulla competitività del Made in Italy a partire dall’apertura a nuovi mercati esteri e dal superamento delle grandi difficoltà create dall’embargo russo, attraverso l’avvio e la promozione di un progetto “Ortofrutta italiana” attraverso il quale vengano sponsorizzati i prodotti a marchio Italia sui mercati europei e non, così come sta facendo la Spagna e la Francia”.

“Il settore ortofrutticolo non ha beneficiato – dice il presidente Muraglia – dell’esonero dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti dai datori di lavoro e oggi, alla luce delle evidenti difficoltà causate dal periodo di incertezza dovute al Covid, vanno pensati e adottati provvedimenti e strumenti urgenti ed essenziali per dare liquidità e sostegno agli operatori della filiera ortofrutticola pugliese”.

“Servono al contempo nuovi mercati per l’ortofrutta pugliese e maggiori tutele per i produttori – insiste il presidente Muraglia – circa il prezzo di vendita dei prodotti che possa tutelarli e consentirgli la copertura dei costi di coltivazione, gestione e raccolta dei prodotti così da poter distribuire maggiori ricchezze anche ai lavoratori, quindi rispetto dei contratti di lavoro per evitare situazioni involontarie di sfruttamento dovute dall’appiattimento dei margini di guadagno”.

La Puglia è il primo produttore in Italia di uva da tavola e, grazie all’enorme contributo pugliese, l’Italia è il primo produttore al mondo, con il 16% sulla produzione globale, ricorda Coldiretti Puglia.
Le importazioni di uva da tavola in Italia ammontano a 25.000 tonnellate (circa il 3,2% dei consumi interni), di queste, una fetta consistente – denuncia Coldiretti – proviene dall’Europa (49%) e dall’America centro meridionale (circa il 25%), ed in particolare dai sue due principali paesi produttori Cile e Perù, la restante parte proviene dall’Africa (13,5%) ed Asia (4,6%).

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